Il 2023 è stato un anno, climaticamente, da ricordare. Ha fatto caldo, tanto caldo, ma non solo, come è stato più volte ripetuto, relativamente alla storia recente. Anche considerando una prospettiva ben più estesa, il 2023 è stato un anno da record. Il più caldo nel corso degli ultimi duemila anni, sostiene oggi uno studio pubblicato su Nature. A suggerirlo è l’analisi delle temperature degli ultimi due millenni effettuata anche grazie alle informazioni contenute negli anelli degli alberi.
Più in dettaglio i ricercatori hanno fatto affidamento sui dati relativi alle variazioni di temperatura estraibili dall’analisi dell’ampiezza degli anelli degli alberi. Quelli disponibili per l’emisfero nord, su cui hanno concentrato le analisi, consentono di guardare indietro fino a duemila anni fa (per le latitudini delle zone comprese tra i 30 e i 90 gradi nord). I dati che mostrano oggi tengono conto di queste analisi storiche, così come anche delle misurazioni effettuate grazie alle stazioni meteorologiche in epoche più recenti, mostrando un quadro complessivo, commenta da Cambridge Ulf Büntgen, tra gli autori della ricerca: “Solo con le ricostruzioni climatiche possiamo avere una visione migliore della variabilità naturale e contestualizzare i cambiamenti climatici di origine antropica più recenti”. Il focus dichiarato delle loro analisi era dunque di capire quanto il 2023 (in particolare l’estate) fosse stato anomalo non solo relativamente ai tempi recenti – quelli segnati dalle registrazioni strumentali – ma anche rispetto alle estati dell’emisfero nord del passato.
Procedendo in questo modo i ricercatori snocciolano una serie di numeri che sottolineano, ancora di più, l’eccezionalità del 2023. Storicamente e anche rispetto a epoche più recenti. Le prime analisi strumenti infatti, scrivono, apparirebbero distorte, in particolare che sarebbero state considerate più calde di quanto effettivamente fossero (i ricercatori parlano di warm bias). Considerando questo aspetto, l’aumento delle temperature rispetto alla media del 1850-1900 avrebbe già superato i 2°C, e quindi il limite di 1,5°C fissato dagli accordi di Parigi, riferiscono gli autori.
Lo scarto di temperatura del 2023 è di 1,19°C rispetto all’estate più calda (il 246) di prima che venissero misurate le temperature, almeno di mezzo grado pur considerando l’incertezza sui dati. Diventa ancora maggiore se il 2023 viene confrontato con la media delle temperature dedotte per gli anni dal 1 al 1890, ed è pari a 2,20°C. Un valore, proseguono gli esperti, che sottolinea ancora di più la dimensione del fenomeno del riscaldamento globale della nostra epoca, quella dell’antropocene.
Sì, concludono gli autori, El Niño ha di certo contribuito a rendere il 2023 particolarmente terribile, ma è esistito anche in passato. Non ci sono attenuanti, è il monito già ascoltato: serve ridurre subito le emissioni di gas serra.