Nel nostro pianeta solo alcune aree ristrette del Pakistan meridionale, in particolare i canyon stretti fra Pakistan occidentale e l’Iran sud-orientale, nel Belucistan, e in una zona del Kuwait, vicino la località di Sulaibya, che nel Luglio del 2012 tocco i +53.6°C all’ombra, stabilendo il nuovo record assoluto di caldo dell’intero continente asiatico, si possono registrare temperature eccezionalmente estreme, oltre i +52°C +53°C all’ombra. Ma finora in nessuna di queste aree è stata archiviata una massima estrema di +53.9°C, come nella “Death Valley”, che tuttora rappresenta il record assoluto di caldo mondiale. Difatti, finora, in nessuna località del pianeta è stata mai registrata una temperatura cosi estrema. Per la sua particolare conformazione morfologica la “Death Valley” è l’unica area della Terra dove si possono presentare tutte le potenzialità necessarie per sfondare il fatidico muro dei +54°C all’ombra, tondi tondi. La “Death Valley” è una estesa depressione, lunga più 225 chilometri e larga in media 40 chilometri, che si estende fra il deserto interno della California e in piccola parte sul confinante stato del Nevada.
Data la particolare orografia chiusa questa depressione è il punto più “rovente” del nostro pianeta, dove per varie volte, durante il periodo estivo, con il sole si avvicina allo “Zenit” (raggi solari quasi perpendicolari sull’orizzonte nelle ore centrali del giorno), è possibile sfondare il muro dei +50°C all’ombra durante il periodo estivo, quando l‘intensa e prolungata insolazione diurna (cieli costantemente sereni o poco nuvolosi) unita ai bassissimi tassi di umidità relativa (5-6 %) riscaldano sensibilmente il terreno desertico, completamente spoglio di vegetazione arborea in vasti tratti (solo in inverno e in primavera, quando si verificano brevi rovesci di pioggia, la superficie desertica rifiorisce per pochi giorni), trasformando l‘area in una sorta di grande “forno“ naturale che irradia un calore veramente infernale e insopportabile. Non per caso gli viene attribuito il nome di “Death Valley”.
Proprio per questo motivo durante l’estate, a causa delle elevatissime temperature diurne, non si può circolare di giorno all‘interno della “Death Valley“. Le ore consigliate per arrivarci sono nel tardo pomeriggio, dalle 17:00 – 18:00 PM in poi, e nella prime ore del mattino, dalle 04:00 alle 10:00 AM. Il muro dei +53.9°C all’ombra nella “Death Valley”, che tuttora rappresenta l’attuale record di caldo mondiale, nonché la temperatura più elevata mai registrata sulla Terra da una stazione meteorologica ufficiale, è stato toccato in più occasioni, fra il luglio del 1960 e il luglio del 2005. Più precisamente il 18 luglio 1960 una temperatura massima di ben +53.9°C venne registrata dalla stazione di Greenland Ranch, ubicata a -59.1 metri, nella “Death Valley”, nello stato della California. Successivamente i +53.9°C vennero nuovamente archiviati a Furnace Creek Visitor Center, all’interno della “Death Valley”, rispettivamente il 17 luglio 1998, il 19 luglio 2005 ed il 6 luglio 2007. I dati sono eloquenti, tutti a favore della grande depressione dell’arido deserto californiano.
Ma ciò non toglie che non vi siano al mondo altre località, magari ancora sconosciute, data la vastità di territori non coperti da stazioni meteorologiche funzionanti attive 24 ore su 24, che possano vantare le stesse potenzialità termiche. Nel Luglio del 2012, un po’ a sorpresa, Sulaibya, nel deserto del Kuwait, con una sorprendente temperatura massima di +53.6°C, aveva riscritto una nuova pagina di storia della climatologia mondiale, avvicinandosi e minacciando da vicino il record assoluto di caldo mondiale, di +53.9°C, detenuto dalla “Death Valley”. A scanso di equivoci abbiamo il dovere di sottolineare come il nuovo record assoluto di caldo per l’Asia, stabilito martedì 31 luglio 2012 da Sulaibya sia da considerare valido e attendibile, dato che la stazione della località kuwaitiana, come confermato anche dal servizio meteorologico del Kuwait e dallo stesso tecnico tedesco che garantisce una costante manutenzione (in diversi paesi del Golfo vengono utilizzati tecnici stranieri, in genere europei, per la manutenzione delle stazioni meteo), è a norma WMO, differentemente da tante altre stazioni in Africa e Asia.
La stazione quindi non ha difetti e funziona molto bene. Più che altro, per spiegare un dato cosi estremo, bisogna andare a vedere la particolarità del territorio e del microclima che caratterizza la località kuwaitiana, che spesso vanta delle performance davvero uniche. Difatti, come ci spiega il climatologo Maximilliano Herrera, principale esperto di estremi termici mondiali, “quello di Sulaibya è un caso particolare, dove è possibile raggiungere dei picchi di caldo cosi estremi, degni da “Death Valley“, in determinate situazioni, come quella che si è venuta a creare il 31 Luglio 2012”. L’area attorno Sulaibya è circondata dalle alte dune del deserto interno kuwaitiano, che spesso vengono alterate e spostate dalle forti tempeste di sabbia prodotte dallo “shamal”, il “torrido” e impetuoso vento nord-occidentale che domina tutto l’anno, soprattutto d’estate, su buona parte dei deserti di Iraq, Kuwait e nord dell’Arabia Saudita, spirando a tratti anche in maniera forte e burrascosa. In pratica le dune di sabbia circostanti, molto alte, riescono a creare una situazione particolare, schermando l’area da ogni interferenza più fresca proveniente dall’esterno (brezze termiche di mare che salgono dal Golfo Persico). Ciò spiega perché in determinate giornate Sulaibya è in grado di far registrare temperature massime talmente estreme, da sfondare il muro dei +53°C. Dopo i picchi di +50°C toccati nel Pakistan meridionale, nei prossimi giorni il muro dei +50°C si potrebbe battere nei paesi del Medio Oriente, fra Iraq, Kuwait, Arabia Saudita e nel sud Iran. Proprio fra la fine di giugno e luglio, l’immensa onda di calore semi-permanente che stagna sopra l’area indo-pakistana (isoterme sui +30°C +32°C a 850 hPa) comincia a spostarsi e traslare verso ovest non appena, da sud, il flusso dell’umido “monsone di SO” si spinge fino agli stati nord dell’India occidentale e del Pakistan meridionale. La salita, verso latitudini più settentrionali, dei più umidi e temperati venti marittimi monsonici, fin sulle aride regioni dell’India occidentale del Pakistan meridionali, con sconfinamenti fino all’area desertica del Rajasthan, in sostanza contribuisce a spingere e a far arretrare verso est, in direzione dell’Iran meridionale e dell’Iraq, la vasta bolla di aria molto calda e secca, insistente durante il periodo primaverile sull’area indo-pakistana. Il predominio dell’anticiclone sub-tropicale permanente, legato alla circolazione della “Cella di Hadley”, che sposta il proprio baricentro dalla penisola Arabica verso l’area del Medio Oriente e le vaste distese steppiche dell‘Asia centrale. In concomitanza con la risalita verso nord, tra i 25° N e i 35° N, dell’estesa cintura anticiclonica sub-tropicale, annessa alla “Cella di Hadley”,anche il ramo principale del “getto sub-tropicale” è costretto a transitare a latitudini ancora più elevate, tra l’Europa e l’Asia centro-settentrionale, con un andamento spesso molto ondulato.
L’assenza del passaggio del ramo del “getto sub-tropicale” favorisce una persistenza dei regimi anticiclonico dinamici in quota, con il conseguente accumulo di masse d’aria molto calde e secche, d’estrazione sub-tropicale continentale, sopra le vaste distese desertiche dell’area medio-orientale. L’aria calda e molto secca, in assenza di una ventilazione significativa nella libera troposfera, ristagna fino alla media troposfera, favorendo un contemporaneo innalzamento dei geopotenziali che tendono a lambire valori elevatissimi in quota (indice di forte stabilità atmosferica che rende i cieli sereni). Alla quota di 850 hPa, tra l’area pakistana e i deserti del Medio Oriente, in questo periodo dell’anno si possono osservare isoterme di +32°C +33°C, nei casi più estremi sono evidenti anche termiche di +35°C +36°C. Tutto questo accumulo di calore, fino alla media atmosfera, dopo settimane e mesi di prolungato dominio anticiclonico con aria molto secca, origina un ulteriore surriscaldamento delle masse d’aria presenti nei bassi strati, indotto anche dai fenomeni di “subsidenza atmosferica” (correnti discendenti che comprimono l‘aria nei bassi strati, scaldandola e deumidificandola ulteriormente) tipici dei regimi anticiclonici dinamici, ben strutturati nell‘alta troposfera. Se a ciò poi aggiungiamo la continua insolazione diurna su vastissime distese desertiche, vista la totale serenità dei cieli, e la presenza di aria secchissima in prossimità del suolo, è normale poi che i deserti del Medio Oriente si trasformano in autentici forni a cielo aperto, dove diventa veramente difficile sopravvivere se non si è addestrati o abituati a simili condizioni climatiche cosi estreme.
Ecco i luoghi più “bollenti” della Terra, lì dove il termometro può avvicinarsi ai +54°C
Articolo di: Daniele Ingemi
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