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Anche la NASA continua a spiare le grandi “onde interne” dello Stretto di Messina. Di cosa si tratta? - Centro Meteorologico Siciliano
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Anche la NASA continua a spiare le grandi “onde interne” dello Stretto di Messina. Di cosa si tratta?

Oltre alle forti correnti di marea e di salinità lo Stretto di Messina è sede di un altro importante fenomeno idrodinamico, quello delle “onde interne”. Simili a quelle che si possono formare lungo le foci dei più grandi fiumi della Terra (come il Rio degli Amazzoni) col cambio di marea. Le “onde interne” si creano quando uno strato d’acqua meno denso ricopre uno strato d’acqua più denso. In tal caso la superficie di discontinuità tra i due strati può divenire sede di “onde interne” molto lente ed ampie. Se tali onde hanno un carattere stazionario allora verranno definite “sesse interne”. A differenza delle normali onde prodotte dal vento la velocità di propagazione delle “onde interne” cresce notevolmente con la differenza di densità dei due strati sovrapposti. Sullo Stretto di Messina queste ondate si innescano ogni qual volta che le acque pesanti del mar Ionio si riversano di colpo sopra quelle più leggere tirreniche, in fase di recessione, tramite la corrente “montante”. Ma “onde interne” di una certa importanza si possono verificare anche nel caso opposto in cui le acque tirreniche, più leggere, scivolano rapidamente al di sopra di quelle ioniche, molto più pesanti. Di solito queste particolari onde di discontinuità si formano in determinati punti dello Stretto, specie nell’area compresa fra Torre Faro, Ganzirri, e vanno ad estendersi verso la parte centrale dello Stretto, dove tendono ulteriormente ad ampliarsi, aumentando sensibilmente la propria velocità di propagazione in direzione dell’imboccatura meridionale e dello Ionio. Il moto ondoso, davvero singolare, che accompagna il cambio di corrente da decenni è stato studiato da numerosi esperti di oceanografia provenienti da ogni parte del mondo.

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Credit: NASA

Dopo numerose osservazioni, tramite le preziose immagini satellitari, si è osservato che in alcune circostanze queste ondate possono rapidamente intensificarsi raggiungendo dimensioni davvero considerevoli se si somma l’azione di forti venti, paralleli alla linea di costa (sciroccate), che spingono un tipo d’acqua su un altro. Addirittura alcune di queste ondate sono state immortalate dai satelliti della NASA che da anni spiano i segreti di questi complessi fenomeni idrodinamici che rendono lo Stretto di Messina un esempio unico sulla terra. Nel passato lungo l’area dello Stretto di Messina si è osservato il veloce transito di treni d’onda veramente imponenti, alti anche più di 4-5 metri, che hanno dato molto fastidio alla navigazione marittima in transito sul braccio di mare fra Scilla e Cariddi. Simili fenomeni si possono verificare durante le impetuose “sciroccate” che periodicamente, fra l’autunno e la primavera, investono con particolare intensità la zona dello Stretto di Messina, dove i forti venti da S-SE, in risalita dallo Ionio, si incanalano lungo la strettoia, fra Aspromonte e Peloritani, determinando una notevole amplificazione del flusso dai quadranti meridionali per il noto “effetto Venturi”. In queste condizioni, quando tutto il bacino dello Stretto è sottoposto a forti venti da Sud, le onde di “mare vivo” generate dalla burrasca sullo Ionio risalgono il braccio di mare, da sud a nord, fino a giungere sull’estrema sezione settentrionale.

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Credit: NASA

Qui spesso può capitare che il moto ondoso proveniente da Sud, ossia dallo Ionio, viene contrastato in profondità dalla forte corrente “scendente” (da nord a sud), che trasporta una enorme quantità d’acqua nella direzione contraria al flusso eolico. La forte corrente “scendente” quando incontra la successione di onde di “mare vivo” sollevate dallo scirocco, nel centro dello Stretto, agisce come un freno in profondità che rallenta di colpo la velocità di spostamento del moto ondoso, modificandone la ripidità, la direzione di spostamento e l’altezza. Avviene quindi una sorta di “sgambetto”, in profondità, che può portare le onde ad accavallarsi le une sulle altre, dando vita a una serie di giganteschi marosi, alti anche più di 4-5 metri, che tendono ad essere sospinti verso la direzione prevalente del vento. Va specificato che nella maggior parte dei casi queste onde di “sgambetto” possono essere deviate, di circa 45-60 gradi, rispetto alla direzione del flusso sciroccale che le ha originate. Ciò è da imputare all’azione di freno della “scendente” che è all’origine delle brevi ma distruttive mareggiate da ostro e scirocco che nel periodo invernale possono flagellare, in modo improvviso e temporaneo (anche per 20-30 minuti), tutta la riviera di Messina, dai litorali della zona sud fino a Pace, Sant’Agata e la spiaggia di Ganzirri.

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Credit: NASA

Il treno di grandi onde, dopo aver preso un certo sviluppo, in condizioni favorevoli può estendersi anche al di fuori dello Stretto, sul bacino tirrenico, in presenza di forti venti da sud e sullo Ionio nel caso di sostenute correnti settentrionali, prima di dissiparsi verso il mare aperto. Secondo uno studio degli anni 70 (Testoni 1978) in caso di una forte burrasca da Sud, con vento medio sostenuto sui 45 nodi da Sud per una durata massima di 34 ore, con un “fetch” di oltre 200 miglia, lungo l’imboccatura sud dello Stretto le onde possono raggiungere i 6-7 metri di altezza, presentando un periodo di 8,4 secondi e una lunghezza (distanza fra una cresta e l’altra) di ben 100 metri.

 

 

Anche la NASA continua a spiare le grandi “onde interne” dello Stretto di Messina

Credito foto: NASA

 

Articolo di: Daniele Ingemi

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