C’è poco da fare. Anche buona parte di questo mese di settembre sarà influenzato da quell’immensa anomalia positiva di geopotenziale, ormai da settimane ben radicata fra la Scandinavia, la Finlandia e la Russia europea, dove peraltro continua a fare molto caldo per il periodo, mentre il limite superiore della tropopausa si è alzato fino ai 12 km, un valore davvero molto alto per queste latitudini. La presenza di una vasta area caratterizzata da valori molto elevati di geopotenziali in quota (a 500 hpa) e pressori nei bassi strati, fra le coste svedesi, la Finlandia e la Russia europea, contribuirà ancora a pennellare il flusso delle correnti sinottiche su gran parte del continente europeo, rallentando il flusso perturbato atlantico al traverso delle Isole Britanniche e delle coste atlantiche francesi e tenendo ancora in vita nei bassi strati una circolazione “antizonale”, con moderati, a tratti anche sostenuti, venti da Est ed E-SE che dal sud della Russia europea e dall’Ucraina si dipaneranno in direzione della Bielorussia, e delle Repubbliche Baltiche.
Sul bacino centrale del Mediterraneo, ancora direttamente influenzato da un tipo di circolazione zonale secondaria in quota, il riassetto di questo promontorio anticiclonico di blocco, fra la Svezia e la Russia occidentale, favorirà un temporaneo aumento del campo del geopotenziale in quota, anche se il tempo continuerà ad essere improntato verso una certa variabilità, causa il passaggio in quota di infiltrazioni di aria più umida, e conseguenti annuvolamenti, trasportate dal flusso zonale secondario che dalle medie latitudini atlantiche entra fino al cuore del Mediterraneo, portando delle piogge e dei temporali fra Regno Unito, Francia, Svizzera, Germania, Austria e nord Italia. L’unica nota positiva sulla persistenza di questa importante anomalia barica sulla parte settentrionale del vecchio continente riguarda proprio il blocco del flusso perturbato principale.
Difatti questo promontorio anticiclonico di blocco mostrerà una buona forma, presentando dei massimi dei geopotenziale in quota proprio in corrispondenza tra la Finlandia e la Russia europea, che costringeranno il ramo principale del “getto polare”, che transita sopra i cieli europei, a compiere una brusca virata verso nord e nord-nord/est, una volta giunto all’altezza dell’Europa occidentale. Virata che contribuirà ad alimentare lo stesso promontorio anticiclonico dinamico, in arretramento verso la Russia europea, favorendo più ad est l’affondo di una saccatura, di matrice artica, fin verso l’altopiano della Siberia centrale e il settore più occidentale della Repubblica di Jacuzia. Il blocco anticiclonico presente sul comparto russo-scandinavo, a partire dalla prossima settimana, contribuirà a isolare, sulla Siberia centro-orientale, un primo “cuscinetto di aria fredda” nei bassi strati (“freddo pellicolare”), ulteriormente alimentato dal notevole effetto “Albedo” indotto dai suoli innevati di fresco, il quale nel mese di ottobre metterà le basi per la formazione dell’anticiclone termico “russo-siberiano”.
Il cuore del gelo siberiano, come giusto che sia per il mese di ottobre, dovrebbe rimanere relegato tra l’altopiano della Siberia centrale e la Siberia orientale, dove si isolerà un primo vasto nucleo di aria gelidissima. In Jacuzia il gelo d’estrazione “pellicolare” è di casa. Basti pensare che nel noto villaggio di Ojmjakon, nel cuore della Repubblica russa, conosciuto in tutto il mondo come il principale polo del gelo dell’emisfero boreale, spesso nella stagione invernale la colonnina di mercurio scivola sotto il muro dei -60°C, sfiorando persino i -65°C nelle ondate di gelo più cruente, associate a forti inversioni termiche agevolate dai cieli sereni e dalla scarsa ventilazione. Proprio in questo affascinante villaggio della Siberia orientale, nel gelido inverno del 1926, il servizio meteorologico russo riuscì ad estrapolare una temperatura minima assoluta di ben -71.2°C. Un dato formidabile che però non fu mai ufficializzato, nonostante la presenza di una strumentazione adeguata. Solitamente valori così estremi si possono raggiungere in corrispondenza del “minimo annuo termico” che si verifica fra la metà di dicembre e la prima parte di gennaio.
Proprio in questo momento dell’anno, dalla seconda decade di dicembre fino a gennaio, entra nel vivo il periodo in cui statisticamente si raggiungono i grandi minimi termici annui sulle sterminate distese continentali dell’Eurasia, per effetto del minimo di soleggiamento che si raggiunge proprio alla fine di dicembre. Mai come in questo periodo dell’anno è così facile sfondare il muro dei -60°C nel cuore più gelido della Siberia orientale e centrale. Non è un caso se proprio in questo periodo in diverse città e villaggi siberiani la colonnina di mercurio può agevolmente varcare la soglia dei -50°C.
Articolo di: Daniele Ingemi
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