A 640 anni luce da qui, una stella sta morendo, oppure è già morta. Si tratta di Betelgeuse, una supergigante rossa appartenente alla Costellazione di Orione, ben visibile ad occhio nudo durante le fredde sere invernali. Betelgeuse ha un raggio circa 1000 volte quello del nostro Sole, una massa maggiore di circa 15 volte quella della nostra stella, e si appresta ormai al termine del suo ciclo vitale. Quando avrà esaurito il suo combustibile nucleare e giungerà la sua ora, Betelgeuse uscirà di scena in grande stile, disintegrandosi in un’esplosione catastrofica, o in termini esatti, in una supernova.
Il materiale della stella verrà espulso ad una velocità di circa 30.000 km al secondo, generando un’enorme quantità di energia e di radiazioni che, per brevi periodi, può arrivare a superare quella di una galassia intera, e producendo un’onda d’urto tale da diffondersi nel mezzo interstellare, arricchendolo di elementi pesanti: questo gas sarà fondamentale per la costituzione di materia prima per nuove generazioni di stelle, quindi sarà un importante contributo per l’arricchimento chimico delle galassie. In parole povere, le supernove sono genitrici di elementi che compongono tutto ciò che ci circonda, compreso l’uomo. Insomma, da un evento tanto drammatico quanto spettacolare come l’esplosione di una stella, si innesca un processo necessario per la produzione degli elementi della tavola periodica. A testimoniare l’esplosione di una stella come Betelgeuse in supernova, resterà un residuo compatto provocato dal collasso delle regioni interne della stella, che darà origine ad una pulsar o ad un buco nero.
Un’ottima sceneggiatura per un film di fantascienza vorrebbe che a seguito dell’esplosione di una stella in supernova, in questo caso di Betelgeuse, il bagliore emesso fosse talmente intenso da svegliarci una mattina e vedere due soli nel cielo, o due lune alla sera; basta farsi un giro sul web per scoprire subito quante siano le immagini che mettono in correlazione tra la fine di Betelgeuse e la nascita di un nuovo sole. Immagini da film! Non sappiamo con certezza quale possa essere la portata dell’evento, anche se con buone probabilità vedremmo Betelgeuse molto più luminosa di come siamo abituati a vedere le stelle e i pianeti durante la notte, e cosa più interessante è che il suo bagliore sarà talmente intenso da poter essere notato anche in pieno giorno. Testimonianze in merito ad un simile evento affondano le origini nel 1054, quando dall’esplosione di una supernova nella Costellazione del Toro si formò la Nebulosa del Granchio: la magnitudine apparente dell’evento fu tale ( -7 e -4,5) da renderla visibile ad occhio nudo durante le ore del giorno. A registrare e tramandare questi dati furono gli astronomi cinesi e arabi dell’epoca. Secoli dopo Charles Messier catalogò l’oggetto come il primo del suo catalogo, M1 appunto. Nel 1968 invece fu scoperta al centro della nebulosa una stella di neutroni con un diametro di circa 30 km, la cosiddetta pulsar del Granchio. Una pulsar è una stella di neutroni con una rotazione velocissima, altamente magnetizzata e che è in grado di produrre periodicamente un impulso osservabile in varie regioni dello spettro, generato dalla radiazione che emettono i suoi poli magnetici.
La Nebulosa del Granchio è una delle sorgenti più brillanti nello spettro x e gamma, la più luminosa della nostra galassia, tanto da essere usata come fonte di riferimento nell’astrofisica gamma per lo studio delle emissioni ad alta energia, le quali raggiungono la Terra in veste di fotoni gamma alle alte energie. Proprio per questo tipo di studi ed osservazioni è nato il progetto CTA (Cherenkov Telescope Array), una rete di radiotelescopi sparsi per il pianeti, preposti alla rilevazione di raggi gamma alle alte energie, e in cui ha preso parte anche l’Italia con un prototipo di telescopio con teconologia a due specchi tassellati. Il telescopio in questione è ASTRI-Horn e si trova sull’Etna presso l’Osservatorio Astrofisico di Serra La Nave; mesi fa gli avevamo dedicato un articolo, poichè lo strumento nella fase di collaudo è stato in grado di rilevare i cosiddetti fotoni blu provenienti dalla Nebulosa del Granchio. Pensando all’eventuale esplosione di Betelgeuse in supernova ci si interroga anche sugli eventuali danni e cambiamenti che sarà in grado di causare quell’enorme quantità di radiazioni elettromagnetiche nel colpire la Terra. I raggi x, gamma ed ultravioletti potrebbero infatti modificare l’atmosfera terrestre in maniera irreparabile. Insomma, al momento non ci è dato sapere se e quando l’evento avverrà o è già accaduto, non sappiamo se ne saremo mai spettatori, e non è il caso di fare allarmismi; ma in ogni caso sarà un qualcosa di sbalorditivo, un’occasione rara per poter studiare un fenomeno del genere con tutto ciò che ne comporta. Pensare alla fine di una stella poi, per quanto sia un tragico e strabiliante evento cosmico, serve a ricordarci che, in fondo, siamo fatti di “polvere di stelle”.
Articolo di: Teresa Molinaro
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