Nel Mar Mediterraneo esistono migliaia di strisce di rifiuti galleggianti, alcune delle quali raggiungono lunghezze di oltre 1 chilometro, arrivando fino a 20 chilometri. Questi rifiuti sono stati individuati dallo spazio grazie ai satelliti Sentinel-2 del programma Copernicus, promosso dalla Commissione Europea e dall’Agenzia Spaziale Europea. Questo ha permesso di creare la mappa più dettagliata mai realizzata dell’inquinamento da plastica nel Mediterraneo.
La ricerca, pubblicata su Nature Communications, è stata condotta dall’Università di Cadice e dall’Istituto di Scienze Marine di Barcellona, con la collaborazione dell’Istituto di Scienze Marine del CNR di Lerici (La Spezia) e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Il team, guidato da Andrés Cózar dell’Università di Cadice e Manuel Arias dell’Icm-Csic, ha analizzato 300.000 immagini satellitari scattate ogni tre giorni per sei anni, con una risoluzione spaziale di 10 metri. “Individuare rifiuti di pochi metri sulla superficie del mare è come cercare aghi in un pagliaio”, afferma Stefano Aliani dell’Ismar-Cnr, co-autore dello studio, poiché i satelliti non sono progettati per rilevare i rifiuti. “Nonostante ciò, siamo riusciti a identificare le aree più inquinate e abbiamo osservato che molti rifiuti entrano in mare durante i temporali”.
L’analisi delle immagini satellitari è stata eseguita con supercomputer e algoritmi avanzati. “Questa tecnologia è pronta per essere utilizzata in vari contesti, ma il nostro rilevamento migliorerebbe enormemente con satelliti dedicati alla plastica”, spiega Giuseppe Suaria dell’Ismar-Cnr, co-autore della ricerca. “Un tale strumento potrebbe essere utile anche per il monitoraggio di sversamenti di petrolio, perdite di carico dalle navi o per le operazioni di ricerca e salvataggio in mare”.