Dal 24 gennaio l’isola greca di Santorini è interessata da uno sciame sismico di oltre 700 scosse con magnitudo compresa fra 3 e 5 gradi della scala Richter costringendo la popolazione ad una evacuazione di massa con decine di voli e traghetti presi d’assalto. Già 9000 residenti hanno volontariamente abbandonato le proprie abitazioni e nei prossimi giorni altre lo faranno anche con voli speciali messi a disposizione dalle compagnie aeree diretti ad Atene e nel Pireo.
Intanto si è già attivato il sistema di protezione civile greco trasferendo sull’isola uomini e mezzi di soccorso, unità cinofile di ricerca e tensostrutture. Chiuse le scuole e le attività non essenziali già da venerdì nelle 4 isole interessate dallo sciame sismico.
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Credit: ilmessaggero
L’attività sismica più intensa iniziata sabato 1 febbraio potrebbe durare settimane per cui bisogna mantenere calma e lucidità e seguire le istruzioni del sistema di protezione civile locale, ha dichiarato il primo ministro greco Mitsotakis.
Ciò che al momento preoccupa è un effetto secondario legato ai terremoti e cioè le frane che si attivano di continuo rendendo instabili i versanti molto fratturati e ripidi, critica la viabilità e le strutture portanti delle abitazioni indebolite dalle continue sollecitazioni.
L’isola di Santorini nasce dall’esplosione vulcanica di una mega isola chiamata Thera avvenuta intorno al 1650 a.C, sul fondale rimane il vulcano sottomarino Kolumbo tutt’ora attivo; l’ultima eruzione infatti risale a 75 anni fa.
Secondo i geologi lo sciame sismico di questi giorni non sarebbe riconducibile ad un evento vulcanico; infatti questa sequenza interessa l’area tra le isole di Thera, Anyrdos e Amorgos, dove Heath et al (2019) evidenziano la presenza di una serie di blocchi che si muovono fra loro lungo faglie sismo genetiche dirette circa SW-NE e tocca solo marginalmente il Kolumbo.
Tutta l’area infatti risulta molto attiva simicamente per la subduzione della grande placca africana sotto la microplacca egea, che avviene ad una velocità media di 1 cm/anno. Sembrerebbe al momento escluso “il movente vulcanico” anche se il coinvolgimento di un importante volume di fluidi risulta piuttosto evidente.
Nel dettaglio il Mar Egeo è in un sistema di retroarco; a seguito della collisione tra le placche il Mar Egeo si estende alle spalle dell’arco magmatico caratterizzato da un ambiente distensivo, sotto il quale la placca inferiore subduce verso il mantello.
È un’area caratterizzata da frequente sismicità che in genere è di tipo distensivo (come i meccanismi focali di questi terremoti), ma si estendono anche diverse faglie di tipo trascorrente. Nel mar Egeo l’estensione non ha ancora portato alla formazione di nuova crosta oceanica, ma ha comunque provocato l’assottigliamento della crosta continentale.
Ovviamente questo fenomeno ha portato alla formazione di rocce metamorfiche di blocchi rigidi delimitati da faglie estensionali formando alternativamente dorsali e bacini. Nei bacini si depositano sedimenti e tra questi notiamo a nord-est di Santorini il bacino di Anhydros, Thera, Ios, Amorgos, Anafi.
Il sistema più attivo ed importante è quello di Amorgos che si ritiene essere il responsabile del sisma di magnitudo 7.8 che provocò morte e distruzione nel 1956 oltre ad uno tzunami che raggiunse le coste di Turchia ed Isdraele.
Gli scienziati stanno cercando di determinare con esattezza se si tratti di terremoti di media entità legati ad una fase di assestamento dell’area oppure “premonitori” di un evento più forte e devastante atteso successivamente. Qualche studio afferma che dai dati potrebbe trattarsi di una situazione simile ai nostri Campi Flegrei, legata dunque a grossi volumi di fluidi in circolazione. Certamente bisognerà aspettare l’evoluzione del fenomeno e raccogliere ulteriori informazioni per aver un quadro geologico più certo ma sembra esserci particolare apprensione.
Articolo di: Alfredo Geraci
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