I fenomeni meteorologici hanno da sempre affascinato l’uomo fin dalla preistoria, tanto da dedicar loro, insieme all’osservazione del cielo e degli astri, un vero e proprio culto.
L’uomo osservava il cielo interpretando i vari fenomeni come messaggi degli dei, come per esempio i fulmini considerati delle punizioni divine o attribuibili come arma ad alcune divinità, come Zeus.
La più antica testimonianza e tentativo di prevedere il tempo, ci giunge dalle civiltà mesopotamiche e dalla civiltà ebraica; tracce di questa attività sono frequenti anche all’interno delle Sacre Scritture.
Dalla civiltà greca l’atteggiamento nei confronti della meteorologia mutò gradualmente; infatti, accanto all’interpretazione mitica, si affiancò un atteggiamento razionale, fondato sull’esperienza e l’osservazione.
La più importante testimonianza, che è anche il più grande trattato di meteorologia antica, proviene proprio dalla Grecia ed è “La meteorologica” di Aristotele.
In questa opera egli propone una teoria secondo cui la “regione terrestre” era costituita da quattro elementi: terra, acqua, fuoco e aria, che non sono indipendenti tra loro, ma sono soggetti a continui processi di scambio.
Partendo da ciò il filosofo crea la cosiddetta “teoria delle evaporazioni”: se il calore si mescola con l’acqua si forma una “sostanza calda e umida” (in pratica il nostro vapore acqueo), quando il calore viene a contatto con la terra si genera, invece, una “sostanza calda e secca”.
Secondo Aristotele dalla prima hanno origine fenomeni come le nubi e le precipitazioni, dalla seconda tuoni, fulmini e vento.
Il filosofo ci offre anche un’interessante teoria sulla formazione alla grandine; egli fu il primo a capire che il calore maggiore del sole estivo spinge le nubi più in alto, facendo ghiacciare una quantità maggiore di goccioline d’acqua, creando il chicco di grandine, e che per questo essa è più probabile in estate che in inverno.
Nel Rinascimento vengono inventati e costruiti i primi strumenti meteorologici, come l’anemometro e l’igrometro, grazie a Leonardo; il pluviometro di Castelli, il termometro grazie a Galileo, ed infine il barometro creato da Torricelli.
In questo periodo però ancora non si aveva una visione d’insieme dei fenomeni; solo agli inizi dell’800 negli studiosi si fa strada la convinzione che “il tempo” dipenda da perturbazioni aventi dimensioni di qualche migliaio di chilometri.
I primi sistemi di previsione veri e propri nascono invece tra fine ‘800 e i primi del ‘900, grazie anche allo sviluppo delle tecnologie e all’uso di nuove conoscenze matematiche e fisiche, quali le leggi della dinamica e della fluidodinamica.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale nasce la meteorologia moderna. Da qui iniziò una rapida crescita delle conoscenze e della precisione delle previsioni, grazie alla possibilità di usufruire di computer e super-computer, in grado di risolvere rapidamente sistemi molto complessi di equazioni impossibili da risolvere per gli uomini, e di una capillare presenza di strumenti di rilevamento e stazioni meteo, distribuite su gran parte della Terra.
Un ruolo fondamentale fu quello delle rilevazioni dallo spazio, grazie al lancio di strumenti come satelliti e radar.
Oggi questa disciplina ha una grande importanza nella quotidianità della nostra società, utilizzata da tutti noi semplicemente per organizzarci il fine settimana o per particolari eventi, ma fondamentale per determinate attività come l’agricoltura o il traffico aereo.
Articolo di: Alessandro Lucia
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