Vi sono quantità significative di acqua nell’atmosfera di K2-18 b, un esopianeta che orbita attorno alla stella nana rossa K2-18, situata a circa 111 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Leone. La scoperta, pubblicata su Nature Astronomy, è il frutto di due gruppi di lavoro: un gruppo guidato da Angelos Tsiaras dell’University College London, e quello dell’University of Montréal, guidato da Björn Benneke.
Il pianeta è stato scoperto nel 2015, grazie al telescopio spaziale Kepler, successivamente le osservazioni sono state portate avanti dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer. Anche in questa scoperta c’è una parte d’Italia, in quanto il gruppo di lavoro dell’University College London, è guidato anche dall’ astrofisica italiana Giovanna Tinetti, che ha sottolineato l’importanza di studiare approfonditamente centinaia di esopianeti della nostra galassia, per poter imparare a distinguere i pianeti davvero abitabili da quelli che non lo sono.
Il suo gruppo di lavoro ha utilizzato i dati acquisiti tra il 2016 e il 2017 dal telescopio spaziale Hubble, scoprendo così che l’ atmosfera di K2-18 b possiede idrogeno, elio e anche vapore acqueo. Il pianeta ha circa otto volte la massa della Terra, con un’orbita di 33 giorni all’interno della zona abitabile della stella, ovvero quella regione intorno ad una stella dove è teoricamente possibile per un pianeta mantenere acqua liquida sulla sua superficie, rendendolo così un candidato potenziale per la presenza di vita sul pianeta. E’ stato grazie al telescopio spaziale Spitzer che nel 2017 abbiamo avuto conferma K2-18 b orbitava nella zona abitabile di K2-18.
Quindi, anche se K2-18 b orbita attorno ad una stella più piccola del nostro Sole, è posizionato ad una distanza tale dalla sua stella che gli permette di avere una temperatura tale da garantire la presenza di acqua allo stato liquido sulla sua superficie.
La stella madre è una nana rossa di classe M2.6, avente una massa e un raggio rispettivamente 0,36 e 0,41 volte quelli del Sole; l‘orbita di K2-18 b è anche sette volte più vicina alla sua stella rispetto a quella della Terra attorno al Sole, con una temperatura compresa tra i -70 e i 50 gradi Celsius.
Per verificare le caratteristiche di K2-18 b l’astronomo della University of Montréal, Björn Benneke, ha utilizzato i dati registrati dal telescopio spaziale Hubble per scrutare il pianeta al momento del suo passaggio davanti alla sua stella, circostanza che si ripete come abbiamo già detto, ogni 33 giorni. Ne è stato osservato che ad ogni transito la luce della stella brilla attraverso l’atmosfera di K2-18 b, ma non tutta la luce la attraversa in quanto gli elementi chimici presenti nell’atmosfera ne assorbono una parte delle diverse frequenze. L’acqua, in particolare, assorbe la luce nello spettro del vicino infrarosso, creando un segno visibile della presenza di vapore. Il gruppo di Benneke sottolinea inoltre come le condizioni dell’atmosfera di K2-18 b potrebbero consentire la formazione di gocce d’acqua, forse persino di pioggia, e se ciò venisse confermato, esso sarebbe il primo esopianeta conosciuto a possedere nuvole di vapore acqueo. Se ci fosse davvero la conferma della presenza di sistemi nuvolosi questo, come suggerisce il National Geographic, inaugurerebbe l’inedita disciplina della meteorologia extrasolare.
Già definito una “super Terra” per via della massa compresa tra 1,9 e 10 masse terrestri, potrebbe tuttavia essere definito anche come un “mini Nettuno” per via della sua densità gassosa, quindi senza superficie solida. Dunque K2-18 b potrebbe essere un gigante ghiacciato come Nettuno oppure un mondo roccioso con una densa atmosfera ricca di idrogeno, ma in ogni caso, non è corretto pensare che il pianeta K2-18 b sia una copia della Terra: innanzitutto la massa, otto volte maggiore di quella della Terra, determina una gravità molto più intensa di quella a cui siamo abituati; e poi le caratteristiche della stella K2-18, che è una nana rossa piccola e fredda se confrontata con il Sole, anche se estremamente attiva tanto che secondo i ricercatori, sottoporrebbe il pianeta a una massiccia dose di radiazioni. Quindi si fa presto a parlare di vita per come siamo soliti immaginarla noi! Intanto a novembre verrà lanciato il telescopio spaziale dell’ESA, CHEOPS, che si dedicherà allo studio delle “super-Terra” già conosciute, e chissà che non ci rivelerà qualche informazione in più su questo tipo di mondi extrasolari così affascinanti e ancora poco conosciuti, compreso K2-18 b.
Articolo di: Teresa Molinaro
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