Immaginando un mondo fatto di variegati paesaggi, viene da pensare inevitabilmente al nostro pianeta Terra. Ma esiste un posto, anch’esso costellato di laghi, mari, dune, pianure, crateri, e si tratta di Titano, la luna più grande del pianeta Saturno.
Composto da ghiaccio d’acqua e materiale roccioso, Titano è proprio uno dei corpi rocciosi più massicci del Sistema Solare, nonchè l’unico satellite ad essere caratterizzato da una densa atmosfera, composta al 95% da azoto.
Affascinante corpo celeste, rimase inesplorato fino alla missione Cassini-Huygens nel 2004: fino ad allora era risultato molto difficile identificare le caratteristiche geologiche di Titano e studiare la sua composizione superficiale, a causa della sua spessa atmosfera.
L’interessante luna di Saturno riceve solo l’1% della radiazione solare che riceve la Terra e la sua temperatura superficiale è di 94 K (−179.2 °C). Nell’immagine di copertina potete ammirare una delle immagine più belle inviate dalla sonda Cassini, che risale al 2012 e ritrae Saturno e Titano (Credit: NASA/JPL-Caltech/SSI). Nonostante sostanziali differenze come campo gravitazionale, temperature e materiali, la luna di Saturno ha molto in comune con il nostro pianeta: ha un ciclo di stagioni, un clima e, aspetto più importante, ha un ciclo idreogeologico che ricorda molto quello della nostra Terra.
Sul satellite, però, questo ciclo è basato sul metano, anzichè sull’acqua, con meccanismi analoghi a quelli terrestri.
Tramite i dati acquisiti grazie alla missione Cassini-Huygens, i ricercatori hanno scoperto diversi fenomeni atmosferici su Titano: piogge di metano, venti, fenomeni di evaporazione e canali naturali scavati da fluidi.
La più importante scoperta riguardo a questo curioso satellite, riguarda principalmente quella della presenza di laghi, che su Titano risultano essere composti da idrocarburi, principalmente da metano: essi rappresentano le prime distese liquide ad essere state scoperte al di fuori della Terra.
Nel dicembre del 2009 la NASA ha annunciato ufficialmente la presenza di Kraken Mare, un lago di metano dall’estensione di 400 000 km². L’ individuazione di questo lago è stata possibile grazie ai dati elaborati dallo spettrometro a infrarossi presente sulla sonda Cassini. Successivamente è stata rivelata l’esistenza di un secondo grande lago, il Ligeia Mare, a cui poi si sono aggiunti molti altri laghi di dimensioni inferiori.
A fronte di queste scoperte, viene spontaneo farsi la più pertinente delle domande: può esserci vita su Titano? Ebbene, i ricercatori, attraverso gli esperimenti effettuati e grazie ai dati incamerati in questi anni, hanno constatato che vi è materiale organico sufficiente perché su Titano possa avvenire l’evoluzione chimica avvenuta sulla Terra. Ma come ben sappiamo, affiinchè ciò avvenga, è necessaria la presenza di acqua liquida per periodi molto lunghi. Tuttavia, alcuni astrobiologi ritengono che possano essersi evolute, su Titano, forme di vita che non hanno bisogno d’acqua liquida, ma che si basano sul metano.
Qualche anno fa, gli scienziati della NASA sono venuti a conoscenza di alcuni importanti dati: il potente radiointerferometro ALMA installato in Cile, ha rilevato grandi concentrazioni di acrilonitrile su Titano, ovvero un composto chimico capace di formare membrane simili a quelle delle cellule terrestri.
Il composto si trova nella stratosfera del satellite di Saturno e, raggiungendo la sua superficie attraverso le precipitazioni piovose, potrebbe aver generato delle cellule aliene che gli astrobiologi hanno nominato “azotosoma“: “Se strutture simili a membrane possono formarsi da acrilonitrile, potrebbe trattarsi di un passo importante sul percorso per la vita sulla luna di Saturno, Titano”, ha sottolineato Michael Mumma, direttore del Goddard Center for Astrobiology.
Insomma, l’interesse della comunità scientifica è vivo riguardo lo studio e la conoscenza di Titano, e vi sono in progetto missioni che potrebbero rivelarne maggiori dettagli e informazioni, come la missione Dragonfly, approvata nel 2019, che partirà nel 2026 e arriverà a destinazione nel 2034. Si tratta di un drone alimentato da un generatore termoelettrico a radioisotopi al plutonio 238, il tipico sistema impiegato dove l’energia solare è molto bassa. L’esplorazione avrà inizio dal cratere Selk, successivamente verranno sorvolate altre aree; il drone volerà con molta agilità, sfruttando la bassa gravità e l’elevata densità dell’atmosfera dell’intrigante luna Titano.
Articolo di: Teresa Molinaro
©centrometeosicilia.it
Seguiteci su:https://www.facebook.com/centrometeosiciliano/
Canale Telegram:https://t.me/centrometeosicilia