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Un anno fa la prima immagine di un BUCO NERO lasciò il mondo a bocca aperta.
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Un anno fa la prima immagine di un BUCO NERO lasciò il mondo a bocca aperta.

Era esattamente un anno fa, il 10 aprile 2019, quando il team dell’Event Horizon Telescope svelò al mondo una foto sbalorditiva, che sarebbe diventata la foto del secolo: era il ritratto del buco nero M87, o meglio, del suo “orizzonte degli eventi“.
Per la prima volta eravamo davanti alla silouhette di un oggetto supermassiccio, di 6.5 miliardi di masse solari, situato al centro della galassia Messier 87, a 55 milioni di anni luce da noi.  

Credit: NASA/EVENTHORIZONTELESCOPE

Come abbiamo detto, l’immagine, che sembra una ciambella spaziale, rappresenta l’orizzonte degli eventi del buco nero, ovvero quella regione dello spazio tempo che rappresenta il limite, dentro cui materia e radiazione sono fatalmente inghiottite, un luogo da cui neanche la luce può uscire.
Fino a quel giorno del 10 aprile dello scorso anno, un’immagine di questo tipo non era mai stata ottenuta,  anche se esistevano già diverse prove dell’esistenza di tali oggetti.
Gli studi ovviamente non si sono fermati a quell’immagine, anzi, proprio da lì hanno proseguito, e qualche settimana fa è stato pubblicato un nuovo  studio su Science Advances, realizzato dal gruppo di ricercatori del Center Astrophysics di Harvard, guidato da Michael Johnson.
Il team di studiosi parla di M87, e dell’immagine dell’orizzonte degli eventi, come di un’ombra causata da qualcosa che “ingurgita”la luce.
Il  buco nero centrale di M87 infatti trangugia fotoni, immerso in un mare di plasma incandescente; i fotoni oltre il confine del raggio d’azione riescono a cavarsela, anche se la loro esistenza non è più la stessa: infatti la loro traiettoria ne risente particolarmente, passando dall’essere lineare a curvata, ingarbugliata e piegata dall’attrazione gravitazionale esercitata del buco nero stesso.            

Il getto di materia dal cuore della galassia M87. Credit: Hubble

Johnson spiega che: “L’immagine di un buco nero in realtà contiene una serie nidificata di anelli, ogni anello ha circa lo stesso diametro del precedente, ma diventa man mano sempre più nitido, perchè la sua luce ha orbitato più volte attorno al buco nero prima di raggiungere l’osservatore. L’immagine che ci ha dato per ora EHT ci permette di intravedere appena la piena complessità che potrebbe emergere dal”immagine di un qualsiasi buco nero“.
Osservando e studiando tali anelli, emerge che i fotoni che sono passati molto vicin0 all’orizzonte degli eventi hanno avuto un cammino più difficile.
Alcuni fotoni hanno compiuto mezzo anello per poi tornare indietro, altri un anello intero, altri ancora una serie di anelli, sino a dare, cerchio su cerchio, la celebre immagine che fu rivelata un anno fa dall’EHT.
Michael Johnson ha poi sottolineato che “Ciò che ci ha davvero sorpreso è stato il fatto che mentre i sottoanelli nidificati sono, nelle immagini, quasi impercettibili a occhio nudo (e questo anche con immagini perfette), osservati con più telescopi in modalità interferometrica diventano segnali forti e chiari. Al contrario dell’immagine di un buco nero, che per essere catturata richiede molti telescopi distribuiti, i sottoanelli sono perfetti per essere studiati anche usando solo due telescopi, purchè molto distanti tra loro. Aggiungere un telescopio spaziale all’Event Horizon Telescope sarebbe già sufficiente”.
Per quanto gli studi non si fermino, siamo dinanzi ad oggetti dell’universo pur sempre affascinanti e misteriosi.

Articolo di: Teresa Molinaro
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